Storie per piccoli cuori

Mamma, che rabbia!

Non lo capisco più!

È sempre nervoso, ha eccessi di rabbia incontrollabile, non dorme…

Ho provato di tutto, ma alla fine perdo il controllo e lo sculaccio.

So che è sbagliato, mi sento in colpa e penso di essere una pessima madre…

Con il papà è un brutto momento…

Cara signora,

non è facile gestire ormoni e neuro trasmettitori quando il contesto è stressante e c’è da gestire tensioni.

I “giudici” e le “sentenze” su “quanto siamo cattivi” non ci aiutano e i complessi di colpa hanno il grande potere di agire proprio su quegli ormoni in modo tossico, peggiorando la situazione.

E allora, che facciamo?

Ragioniamo sulla rabbia. Quella del bambino, ma forse anche la nostra.

La rabbia è stata pensata dalla natura come strumento di difesa primordiale.

Si innesca infatti quando c’è una minaccia che richiede una grande energia per essere affrontata.

Parte dal cervello arcaico, quello emotivo profondo, fuori dal controllo razionale.

È un meccanismo di emergenza e per questo corre in modo più rapido e immediato dei circuiti razionali critici, quelli che ci permettono di analizzare bene le azioni e il contesto.

Questo significa che una improvvisa cascata di energia aggressiva può farci fare grandi stupidaggini (tipo tirare un cazzotto al capoufficio o anche peggio).

Le sculacciate sono sbagliate, non servono e fanno male.

Lo sappiamo, ma il circuito mentale che può e deve controllarle arriva tardi e… scappano!

Ci serve la corteccia, cioè la parte critica del nostro cervello, che è il freno inibitorio capace di salvarci dai disastri.

La corteccia ci permette infatti di valutare i contesti con le conseguenze delle azioni e incanalare l’energia in un percorso costruttivo piuttosto che distruttivo.

Lo abbiamo detto, spesso arriva troppo tardi.

Noi dobbiamo sforzarci per “allenarla” e farle prendere sempre il comando delle operazioni, ma per i bambini la cosa è più complicata.

La loro corteccia critica razionale, quella del controllo, infatti, è anche immatura e quindi ancora più incapace di controllare emozioni forti.

Se il contesto non è sicuro, prevedibile, affidabile e disteso, è normale che il sistema neuroendocrino si metta in modalità “vigile” per eventuali possibilità di “fuga” o “combattimento”.

Modalità “vigile” significa alti livelli di Cortisolo e Adrenalina che agiscono su tutto il corpo mantenendo alta la tensione, ma anche nel cervello modificandone le modalità di risposta.

I volti, i toni di voce, i rumori, i cambi di orari, il disordine, l’instabilità…

Non sono colpe, siamo umani e la vita non è facile.

Ma dobbiamo sapere che la guerra, o il padrone di casa che ci ha mandato uno sfratto, o l’aumento della benzina, o le tensioni tra mamma e papà o qualsiasi altra cosa, si stampano sui nostri volti!

Se quei volti sono tesi o nervosi o tristi, in un batter di ciglia arriva un messaggio di allarme al nostro bambino!

Alla sua età lui si sente causa e fine di qualsiasi situazione. Anche quando non c’entra per nulla!

Se mamma e papà discutono… “Allarme!”

La terra viene meno sotto i piedi!

I riflessi emotivi sono “È colpa mia!”, “Devo fare qualcosa!”, “Ho paura”.

Il piccolo cervello non sa che fare e quello emotivo non sa far altro che pompare energia per una fuga o un combattimento per salvare la situazione.

Il combattimento bambino diventa opposizione, instabilità, violenza e rabbia… tutte manifestazioni irrazionali che dicono una sola cosa: “Aiuto!”

E allora, che facciamo?

Lavoriamo per attivare tutti gli ormoni antagonisti della tensione: l’ossitocina, la serotonina, la dopamina…

Come? Proviamo a cambiare i contesti. Per il bambino ma anche per noi.

Cerchiamo di organizzare giornate cadenzate, sempre uguali, con pochi rumori e ritmi prevedibili tra risvegli, gioco, pasti, attività, riposo.

Stiamo attenti a tutti gli input tossici che possono entrare da fuori.

Quindi televisione, videogiochi, Ipad… Evitiamo qualsiasi cosa possa iniettare ansia, violenza, paura (sono gli ingredienti che, oltre al sesso, rendono attraente qualsiasi trasmissione perché attivano emozioni).

E poi lavoriamo su noi stessi.

Le emozioni sono infettivissime e si trasmettono con una velocità della frazione di secondi.

Non possiamo affrontare un problema emotivo del nostro bambino se non gestiamo bene il nostro.

Ci serve un volto allegro, disteso, felice!

Ci serve la voglia di giocare e quella di condividere emozioni belle!

Ci servono nel nostro volto, per riprodurle in quelle del bambino.

E allora coraggio! Se le cose non vanno bene affrontiamo i problemi per tornare a sorridere.

“Con il papà è un brutto momento…”?

Lasciamo tutto in secondo piano, affrontiamo i problemi e ripartiamo!

Fatevi aiutare!

Non trasformate un “brutto momento” in una logorante guerra di trincea.

Ripartite! Trovate i punti di forza e investite su quelli.

Se la vita diventa un pantano rischiamo di affondare lentamente nelle sabbie mobili!

Diamo una svolta e usciamone!

A qualsiasi costo.

Se riusciamo a farlo possiamo iniziare ad occuparci del bambino.

Qualche consiglio?

Creiamo un momento morbido tutti i giorni ad orari prefissati:

Ci cerchiamo un bel posto in casa, una poltrona, dei cuscini a terra o sul lettone e quando arriva l’ora… “Stop! È l’ora delle coccole!”

Ci mettiamo abbracciati e mamma legge un bel libro, una bella favola o qualsiasi altra cosa.

Lo accarezziamo lo baciamo, gli parliamo a voce bassa e gli diciamo che è bello bravo e buono!

Poi troviamo modi per condividere esperienze emotive belle:

– Mangiamo a tavola tutti insieme con la televisione spenta e cogliamo quel momento per parlarci, sorridere e raccontare le cose più belle possibili che succedono

– Facciamo le pizze insieme! Impastiamole insieme a mamma con la farina e poi chiudiamole con il ditino, dopo averci messo dentro il sugo o la ricotta o la mozzarella… “le facciamo come piacciono a papà!”

Papà le frigge e tutti insieme facciamo una bella festa dove lui è al centro di un momento bello!

– Coinvolgiamolo nelle attività di mamma. “Vieni, dai facciamo insieme!” “Aiutami a spolverare o stirare o fare i letti…” ecc.

Tempo per il gioco.

Il suo libero e creativo per dare spazio alla sua fantasia, ma anche quello con papà o mamma!

“Costruiamoli insieme i giochi!”.

Facciamo un aquilone, impariamo a fare gli aeroplanini di carta, costruiamo qualcosa insieme…

Tutto quello che è fatto insieme a papà o mamma acquista un valore speciale.

Fare…

Sto consigliando un fare. Un riempire il tempo di emozioni belle piacevoli rilassanti.

Non un “Non fare” “Non toccare” “Non gridare” “Non lanciare” “Non rompere” ecc…

“Ma lui rompe tutto!”

Ok e allora un giorno facciamo un gioco insieme. Invece di rompere senza senso… “Smontiamo!”

“E vediamo che c’è dentro e come funziona…” Insieme.

Naturalmente i miei sono solo consigli di pediatra. Credo che l’aiuto di un professionista psicologo sia assolutamente importante.

Perché non farvi aiutare tutti insieme come famiglia?

Qualche volta serve che qualcuno ci permetta di rispecchiarci per farci vedere la bellezza che abbiamo dentro e prenderne coscienza.

dott. Tommaso Montini, pediatra

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